DAL "TRAPETUM"
DEI LATINI AI FRANTOI DI OGGI
L'arte di molire le olive è
antica come l'uso dell'olio che da esse si ricava. L'uomo sia esso palestinese
o cirenaico, fenicio o greco, latino o sabino, ha dovuto nell'antichità
fare i conti con le tecnologie primitive che gli permettevano di estrarre
nel modo migliore il liquido dorato che avrebbe fatto la felicità
dei consumatori e la ricchezza dei popoli grandi produttori di olio.
Oggi in Sabina rimangono a testimonianza dell'antica fatica dell'uomo
olivicoltore i tradizionali frantoi muniti di molazze in pietra trainate
da forza idraulica o elettrica, ma avanzano cautamente le nuove tecnologie
che dopo il primo impatto negativo riscuotono ora un certo successo.
In molte zone della Sabina, la molitura e l'estrazione dell'olio rispetta
e ripete le collaudatissime fasi che venivano utilizzate molti secoli
addietro.
La frangitura, la gramolatura o impasto e l'estrazione vera e propria
anche oggi sono materia attuale dei frantoi sia privati che cooperativi.
Uno dei grandi problemi che ha assillato sempre il vecchio frantoiano
era la permanenza e l'esposizione prolungata all'aria della pasta ottenuta
facendo girare le "mole" per molto tempo permettendo all'azione
negativa dell'aria di innescare processi degenerativi dovuti a fermenti
lipolitici.
Buona norma sarebbe di non lasciare molto tempo all'aria la pasta ottenuta
dalla molitura e quindi di non effettuare il lavoro di frantumazione se
poi la pasta deve rimanere per molto tempo all'aria prima di essere pressata.
In molti frantoi si usa la rimacinatura delle sanse ma severe regole autoimposte
permettono nei frantoi della Sabina di rispettare i tempi strettamente
necessari alle varie operazioni sia di pressatura che di separazione dell'olio
dai mosti oleosi.
Anche se oggi la separazione dell'olio dalle acque di vegetazione avviene
con separatori automatici è cosa buona non porre indugi nell'effettuare
la centrifugazione dei mosti appena ottenuti dalla spremitura.
Sarà buona cosa che si ponga grande attenzione nell'effettuare
l'operazione di centrifugazione regolando i separatoti centrifughi in
modo da ottenere un olio il più possibile privo anche delle sole
tracce di morchia e acqua di vegetazione.
Fino a tempi addietro si utilizzavano sistemi di separazione dell'olio
dall'acqua di vegetazione e dalla morchia, come la decantazione, ma è
una pratica che bisognerebbe abbandonare poiché non viene garantita
una separazione ottimale e troppo tempo è necessario per effettuare
questa operazione permettendo alla massa oleosa di incorrere in difetti
più o meno marcati.
È quasi scomparsa, almeno dalla maggior parte dei frantoi della
Sabina, l'antica usanza di utilizzare acqua calda e caldissima per facilitare
l'estrazione dell'olio dalla pasta.
L'operazione di gramolatura e una pressione idonea eseguita a regola d'arte
dovrebbero essere sufficienti a garantire la fuoriuscita dell'olio in
quantità ottimale lasciando intatte le sue prerogative di freschezza.
Gli oli che si ottenevano utilizzando alte temperature avevano il difetto
di avere una colorazione troppo intensa, di veder perduta, almeno in parte,
la caratteristica aromatica degli oli fruttati, vedere modificato il loro
gusto naturale e originario, e divenire più fragili dal punto di
vista della resistenza alla conservazione favorendo anche processi di
irrancidimento.
La frangitura si ottiene frantumando la polpa dei frutti unitamente ai
noccioli, essa viene effettuata o con molazze tradizionali o con i moderni
frangitori che devono essere utilizzati al meglio regolandoli in modo
preciso come previsto dalle procedure tecniche emesse dall'azienda costruttrice.
Esistono due tendenze in antitesi tra di loro ma vogliamo soffermarci
sul problema dei sistemi di macinazione o frangitura.
Lavorazione a freddo
Va chiarito il concetto che un grande olio dalle caratteristiche di pregio
elevate si ottiene soltanto con una lavorazione "a freddo" evitando
cioè sia il riscaldamento della pasta nella fase di lavorazione
che l'aggiunta di acqua calda sia alla pasta che al mosto finale prima
della separazione dell'olio dall'acqua di vegetazione.
Definitivamente devono essere accantonate: l'idea di immagazzinare le
olive per farle "ammostare" con un processo di sovramaturazione
per "ammassamento"; la pratica, un tempo abituale dì
ricorrere all'acqua calda sia durante l'impasto che durante la spremitura.
È chiaro dunque che nemico dell'olio è il calore e quindi
tutte quelle temperature che si possono incontrare nel processo di lavorazione
a causa di elevata rotazione delle mole e del tempo troppo lungo di permanenza
della pasta a contatto con le parti rotanti dell'oleificio.
Diciamo subito che se si osservano scrupolosamente alcune regole base,
la lavorazione tradizionale con molazze in pietra, con la gramolatura
meccanica dell'impasto e la spremitura ad una pressione non eccessiva
della: pasta messa nei fiscoli e la immediata separazione centrifuga dell'olio
dalle acque di vegetazione è ancora il sistema preferibile per
ottenere un olio di qualità superiore.
L'olio si ritiene chiarificato quando completamente privo di residui di
morchia e di acque di vegetazione.
Non sempre l'olio chiarificato, al suo stadio ottimale di purezza da morchie
o altri elementi che lo potrebbero degradare, risulta limpido, trasparente
o brillante: esso può avere un aspetto opaco, leggermente velato
o comunque di colorazione ambrata ed essere ugualmente un olio "finito"
e di grande valore organolettico e commerciale.
Gli oli freschi, fruttati, ottenuti da olive sane e nel rispetto delle
temperature di lavorazione, sono generalmente ambrati e velati e con
un grado di acidità molto basso (0,3/0,5°) mentre oh di elevata
acidità oleica e di qualità inferiore si possono presentare
limpidi, brillanti e trasparenti.
Purtroppo, specie presso alcuni consumatori, non veramente esperti ne
grandi conoscitori di olio di oliva, è invalso l'uso di preferire
oli di oliva perfettamente "puliti", brillanti, lucidi e trasparenti,
cioè filtrati.
Sappiamo che la filtrazione finale sottrae all'olio alcune caratteristiche
di pregio attenuandone soprattutto l'aroma, la fragranza e il gusto che
spesso sfuggono ai normali consumatori di olio di oliva.
La chiarificazione non deve essere confusa con la filtrazione.
La prima deve essere assolutamente eseguita alla perfezione per ottenere
un olio privo di residui dannosi (morchia e acqua di vegetazione) che
potrebbero deteriorare le caratteristiche organolettiche dell'olio mentre
la filtrazione attenua non volendo alcuni elementi di pregio anche se
accontenta gli amanti dell'olio "delicato trasparente e lucente".
Non vorremmo addentrarci ulteriormente sulle tecniche di estrazione usate
ma è bene chiarire il concetto che esistono alcuni diagrammi di
lavorazione validi anche per la tradizionale lavorazione con molazze in
pietra.
Non tutti le eseguono ma esse fanno parte della cultura artigianale dell'estrazione
dell'olio dalle olive.
La lavorazione unica è quel procedimento che si propone di estrarre
tutto l'olio possibile dalle drupe frantumate con una sola operazione
di molitura.
Naturalmente questa deve avvenire in tempi più lunghi per permettere
alle macine di frantumare fino a ridurre in poltiglia, tutti i frutti
che devono cedere poi l'olio contenuto, sotto la spinta delle presse.
Purtroppo esistono delle controindicazioni dovute al fattore tempo (lunga
durata della macinazione) che influisce negativamente sulla qualità
finale del prodotto a causa dell'interferenza dell'aria sulla massa oleaginosa
che innesca un lieve processo ossidativo, e alla frantumazione spinta
del nocciolo che apporta modificazioni di gusto all'olio ottenuto. La
"doppia lavorazione" sarebbe quella da preferire poiché
si ottiene una quantità di olio superiore, ed una qualità
migliore nella prima fase di lavorazione.
La lavorazione doppia ha lo scopo di estrarre l'olio dalle olive con due
moliture ben distinte e due diverse pressioni di estrazione.
Si effettua una prima molitura che ha lo scopo di frantumare grossolanamente
i frutti e la pasta ottenuta sarà sottoposta ad una prima spremitura
delicata.
Le sanse recuperate verranno sottoposte ad un'operazione di rimacinatura
e passate poi alle presse con una pressione più accentuata.
L'olio della prima spremitura sarà senz'altro di qualità
elevatissima e l'olio della seconda spremitura, senza avere la finezza
del primo può essere considerato un buon olio specie se le olive
di partenza sono di buona qualità.
Ecco che d'ora in poi sarà chiara anche la definizione "prima
spremitura" che spesso appare sulla controetichetta e sull'etichetta
di qualche bottiglia di olio extravergine di oliva.
Esistono naturalmente anche altre tecniche di molitura effettuate con
macchine sempre più complesse e rispondenti alle esigenze del prodotto
che deve mantenere, quanto più possibile, le caratteristiche organolettiche
potenziali, proprie del prodotto di base.
Potremmo concludere questo nostro capitolo con una indicazione che serve
a chiarire i vari aspetti produttivi: ciò che rende un olio di
oliva extravergine più pregiato, rispetto ad un altro sempre di
buona qualità, non è solo la materia prima di partenza (olive
sane, raccolte al momento ottimale della foro maturazione, di varietà
particolarmente indicate, raccolte e molite subito dopo) ma è anche
il tipo di lavorazione che indipendentemente dalla tecnologia usata deve
essere effettuata tenendo conto delle prerogative proprie di questo frutto.
Esso vuole essere trattato con gentilezza, a basse temperature, con pressioni
non esagerate; il suo olio deve essere chiarificato in modo perfetto,
conservato a temperatura ottimale non solo al momento della produzione
ma nell'arco della sua vita fisiologica.
Si, perché l'olio continua a vivere poiché matura, invecchia
e si degrada come qualunque altro organismo vivente.
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