L'OLIVICOLTURA NELLA U.E. E FUORI U.E. Sono delle brevi considerazioni,
di cui molte basate su stime del Comitato Oleicolo Internazionale (C.O.I.)
che debbono dare un'altra riflessione sul mantenimento del nostro sistema.
Attualmente la superficie mondiale olivata è di Ha 8.702.000 di cui il 97,50% (Ha 8.489.500) sita nel Bacino Mediterraneo (compreso quindi paesi come la Turchia, Egitto, Tunisia, Marocco, ecc.) ed il 2,50% (Ha. 212.500) in altri paesi. In una previsione lontana dai 10 ai 15 anni avremo una flessione non precisata dell'areale olivicolo sito nel Bacino del Mediterraneo, uno sviluppo di circa 120.000 Ha nelle due Americhe (da 80.000 a 200.000 Ha), uno sviluppo di Ha. 25.500 nel Sud-Africa e in Australia (da 4.500 a 30.000 Ha), uno sviluppo sicuro ma non determinato, nell'Asia Orientale (attualmente sono stimati 128.000 Ha). Se passiamo, in scala più ridotta, ai grandi paesi produttori Europei e specificatamente Italia, Spagna e Grecia notiamo (sono noti i dati in produzione di olio) una produzione globale attuale media di 1.290.000 tonnellate formate dal 38% di olio italiano, 41% di olio spagnolo e 21% di olio greco ed in previsione, come prima, una produzione media di 1.510.000 tonnellate di cui il 26% italiano, 51% spagnolo ed il 23% greco. Indubbiamente, tranne qualche miracolosa innovazione, siamo in una discesa produttiva che coinvolgerà anche la nostra provincia. E' indubbio come, l'incedere della tecnologia applicata, stia marginalizzando molte aree, quali quelle zone a livello produttivo molto debole derivante da una gestione onerosa della coltura. Nella discesa produttiva non bisogna dimenticare le zone salvabili con un serio controllo della qualità e tipicità espresse, delle tecnologie di trasformazione e conservazione, del miglioramento della struttura olivicola e del potenziamento della ricerca applicata non soltanto ai processi ma anche alla gestione degli stessi. Sono tutti aspetti di grande valenza autonoma nella loro attuazione ma di notevole congiunzione nel risultato. L'ottenimento della D.O.P. Europea, di cui parleremo in un successivo capitolo, ha riconosciuto i peculiari attestati di qualità e tipicità del prodotto Sabino; tale riconoscimento, per molti, assume un significato di notevole importanza, estraniando il nostro olio dal comune mercato ponendolo su una corsia libera da confronti competitivi e portatrice di un grande valore aggiunto tale da porre in ultimissimo piano le problematiche legate ai processi pregressi della commercializzazione. E' tutto da verificare per non dire falso; la confusione sta nel paragonare l'andamento di un prodotto tipico a consumo voluttuario (o comunque non necessario nell'attuale uso alimentare) con l'andamento di un prodotto tipico a consumo necessario. Il primo è uno sfizio, il secondo è un esigenza; il primo non ha alternative, il secondo è surrogabile. Quanto detto è dimostrato dall'andamento del consumo delle materie grasse in Italia dove su un consumo attuale di circa 29 kg/pro-capite anno il 41% è olio di oliva, il 40% olio di semi e margarina vegetale ed il restante 9% burro ed altri grassi animali. Nella tabella n. 2 è chiaro come nel tempo, tranne qualche temporanea impennata o discesa, si sia mantenuto un parallelismo di uso. Tale parallelismo è indice della grande alternativa esistente nel consumo delle materie grasse, alternativa per il 99% dettata più dal costo che dalla bontà del prodotto. Quindi vedere la D.O.P. non come portatrice di grande valore aggiunto ma come certa identità di un prodotto. |